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Compliance 231 – Rassegna Giugno 2017

Lo schema di Legge di delegazione europea 2016 trascura gli aspetti penalistici della riforma del market abuse

Il Consiglio dei Ministri del 28.4.2017 ha licenziato lo schema di d.d.l. di delegazione europea 2016 nel quale, all’art. 7, è contenuta la delega al Governo per l’adeguamento della normativa nazionale alle disposizioni del Regolamento UE n. 596/2014 relativo agli abusi di mercato. Si segnala tuttavia che l’adeguamento della normativa interna ed, in particolare, del D.Lgs. 58/1998 (c.d. TUF), trascura ogni rimando alla disciplina penalistica degli abusi di mercato (abuso di informazioni privilegiate e manipolazione del mercato – artt. 184 e 185 TUF – entrambi richiamati all’art. 25-sexies D.Lgs. 231/2001) contenuta nella Direttiva 2014/57/UE (c.d. MAD II), che pure andrebbe ad incidere in maniera rilevante sul predetto Testo Unico. Si tratta di una scelta meditata da parte del Consiglio dei Ministri, considerato che la relazione illustrativa al provvedimento da ultimo approvato afferma espressamente che, per quanto riguarda le sanzioni penali e amministrative pecuniarie previste dalla normativa europea “l’attuale relativa disciplina sanzionatoria di riferimento è contenuta nella parte V del TUF. Nell’ordinamento interno, le condotte dolose previste dalla direttiva risultano già oggetto di previsione sanzionatoria”.

Antiriciclaggio: approvato il decreto che recepisce la IV Direttiva UE

Il Consiglio dei Ministri del 24 maggio 2017 ha approvato in via definitiva il decreto legislativo di “Attuazione della direttiva (UE) 2015/849 relativa alla prevenzione dell’uso del sistema finanziario a fini di riciclaggio o finanziamento del terrorismo, che modifica il regolamento (UE) n. 648/2012 e che abroga la direttiva 2005/60/CE e la direttiva 2006/70/CE (decreto legislativo – esame definitivo)”. I destinatari della disciplina antiriciclaggio sono le persone fisiche e giuridiche che operano in ambito finanziario nonché i professionisti tenuti all’osservanza di specifiche obblighi di verifica della clientela e di segnalazione delle operazioni sospette di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il decreto, nel razionalizzare il complesso degli adempimenti posti a carico dei destinatari della normativa (eliminando tra l’altro formalità in ordine alla conservazione dei dati e dei documenti, ritenuti eccessivi e come tali anticompetitivi), prevede un sistema sanzionatorio basato su misure effettive, proporzionate e dissuasive, da applicare alle persone (fisiche e giuridiche) responsabili delle violazioni ivi contenute nonché il divieto di compimento delle operazioni qualificate come sospette di riciclaggio fino a quando non è effettuata la relativa segnalazione.

Il decreto, inoltre, istituisce il Registro dei titolari effettivi di persone giuridiche e trust, corredato dalla centralizzazione, in un’apposita sezione del registro delle imprese, delle informazioni sulla titolarità effettiva dei trust produttivi di effetti fiscali.

Proposta di Legge in tema di delitti contro specie di fauna e flora protette

Il 16 marzo 2017 è stata presentata al Senato una proposta di legge che prevede, tra l’altro, modifiche anche al D.Lgs. 231/2001. Il provvedimento intende avviare una riflessione sui reati contro le specie di flora e di fauna protette, con l’introduzione del nuovo articolo 452-sexies.1 al codice penale che punisca chiunque prelevi in natura, catturi, riceva o acquisti, offra in vendita o venda uno o più esemplari di specie animali protette, nonché ne cagioni la morte o la distruzione, importi, esporti, riesporti sotto qualsiasi regime doganale, faccia transitare, trasporti nel territorio nazionale, ovvero ceda, riceva, utilizzi, esponga o detenga uno o più esemplari di specie di fauna protette; nonché chiunque a qualunque titolo, utilizzi esemplari appartenenti a specie di flora o fauna protette per la produzione o il confezionamento di oggetti, prodotti derivati anche destinati all’alimentazione, pelli, pellicce, capi di abbigliamento o articoli costituiti od ottenuti, in tutto o in parte, da parti dei medesimi, esemplari di fauna sottoposti a procedimento tassidermico e di imbalsamazione, nonché chiunque importi, esporti, riesporti, trasporti, venda, offra in vendita.

Correlativamente, è proposta l’introduzione di un nuovo art. 25-undecies.1 al D.Lgs. 231/2001 che prevede a carico dell’ente la sanzione pecuniaria fino a 500 quote oltre alle sanzioni interdittive previste dall’art. 9 co. 2 del Decreto.

La Corte di Assise di Taranto ammette la costituzione di parte civile nei confronti dell’ente imputato ai sensi del D.Lgs. 231/2001

Il provvedimento, adottato nell’ambito del processo c.d. “Ambiente svenduto”, riguardante uno dei filoni della vicenda relativa al caso ILVA e che vede imputate, oltre a numerose persone fisiche, anche le società del Gruppo (Riva FIRE s.p.a, Ilva s.p.a e Rive Forni Forni Elettrici s.p.a.), si pone in aperto contrato sia con la dottrina maggioritaria sia, soprattutto, con la giurisprudenza. A proposito di quest’ultima, salvo qualche decisione di merito che ha ammesso la costituzione di parte civile nei confronti dell’ente imputato, la giurisprudenza di legittimità ha sempre negato l’ammissibilità dell’azione civile nei confronti della persona giuridica in particolare, stante il mancato espresso richiamo della disciplina della parte civile nel corpo del D.Lgs. 231/2001.

Secondo i Giudici di Taranto, invece, il mancato richiamo da parte del legislatore dovrebbe essere interpretato nel senso che questo non ha voluto predisporre una disciplina speciale per la costituzione di parte civile, essendo questa comunque possibile grazie al rinvio generale al codice di procedura penale contenuto nel combinato disposto degli artt. 34 e 35 del Decreto.

L’ente è responsabile quando il reato-scopo oggetto de delitto associativo non è ricompreso nel catalogo previsto dal D.Lgs. 231/2001?

Nella Ordinanza emessa dalla Corte di Assise di Taranto nell’ambito del processo c.d. “Ambiente svenduto”, già commentata riguarda alla presa di posizione sull’ammissibilità della costituzione di parte civile nei confronti dell’ente imputato ai sensi del D.Lgs. 231/2001, è contenuto un altro interessante spunto anche in questo caso in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale prevalente. Come è noto, proprio nell’ambito di un diverso filone riguardante la vicenda ILVA, la Cassazione aveva stabilito che la contestazione del reato associativo avente ad oggetto delitti-scopo estranei al catalogo dei reati presupposto è inidonea a coinvolgere la responsabilità dell’ente ai sensi del D.Lgs. 231/2001, ciò in quanto violerebbe il principio di tassatività del sistema sanzionatorio a cardine dell’intera disciplina (Cass., sez. VI, 20.12.2013 n. 3635). Nella sentenza in commento, se pur in maniera incidentale, i Giudici di Taranto hanno invece affermato il principio contrario partendo dal dato letterale dell’art. 24 ter D.lgs. 231/2001 che nulla dice sulla natura (di presupposto o meno della responsabilità dell’ente) del delitto-scopo dell’associazione a delinquere.

In Commissione al Senato il d.d.l. in tema di Misure Antimafia che amplia la responsabilità degli enti

L’art. 26 del d.d.l. di riforma del sistema della misure antimafia, attualmente in discussione in Commissione al Senato, prevede, tra l’altro, la modifica dell’art. 25-duodecies D.Lgs. 231/2001 (“Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare”). In particolare, prevede l’aggiunta di ulteriori ipotesi di reato che comportano la responsabilità amministrativa dell’ente in relazione al reato di trasporto o di ingresso illegale di stranieri nel territorio dello Stato o di favoreggiamento della permanenza illegale di stranieri (art. 12 D.Lgs. 286/1998). Il d.d.l. in esame prevende, inoltre, a carico dell’ente, l’applicabilità delle misure interdittive previste dall’art. 9 D.Lgs. 231/2001.

 

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